Chi ha letto le mie prime “due chiacchiere con l’Autore” sa che a me piace conoscere l’autore/trice dopo aver letto il libro perché voglio verificare se rispecchia ciò che io ho immaginato di lui/lei.
In questo
caso è successo il contrario: ho conosciuto Pierpaolo Turitto prima di sapere
che avesse scritto questo libro. Ho voluto comunque fare lo stesso gioco di
sempre. Questa volta, però, ho cercato di immaginare che cosa e in che modo
Pierpaolo avrebbe potuto scrivere in un libro.
Leggendo la
mia recensione de “Il suono della corda vuota” avrete capito che per me si
tratta di un libro speciale e vi
assicuro che, leggendolo, ogni tanto mi dicevo: si! E’ proprio quello che mi
aspettavo.
Ecco perché
mi sento felice di poter condividere con voi la conoscenza di una persona così speciale come il suo libro.
A parte la
biografia, la professione, il curriculum, chi è Pierpaolo Turitto?
Non è semplice autodefinirsi.
Si rischia la presunzione o l’idealizzazione di se stessi. Quindi preferisco
rispondere a un “chi vorrei essere”, prescindendo dal fatto che ci riesca o
meno.
Vorrei essere una persona che consideri il tempo come il più grande dei tesori e con esso acquisti l’unico bene che ne meriti la spesa: le persone, i familiari, gli amici.
Vorrei essere una persona che consideri il tempo come il più grande dei tesori e con esso acquisti l’unico bene che ne meriti la spesa: le persone, i familiari, gli amici.
Come nasce
in te una trama e come è nata questa in particolare?
Comprendere la genesi di una
trama è difficile anche per chi l’ha vista nascere, definirsi e chiudersi in un
epilogo. Di solito parto dalla volontà di raccontare alcune cose, cerco un
tessuto su cui raccoglierle tutte e mi muovo dando coerenza agli elementi necessari.
Nel caso de “Il suono della corda vuota” volevo raccontare il valore della memoria e la perdita di identità che il morbo di Alzheimer causa. Al tempo stesso mi piaceva, come sempre faccio nei miei romanzi, incontrare eventi salienti della storia d’Italia, come la deportazione degli ebrei e il Vajont.
Da queste necessità nasce la figura di Adele, donna coraggiosa che dopo aver affrontato la storia combatte l’ultima delle sue battaglie personali.
Nel caso de “Il suono della corda vuota” volevo raccontare il valore della memoria e la perdita di identità che il morbo di Alzheimer causa. Al tempo stesso mi piaceva, come sempre faccio nei miei romanzi, incontrare eventi salienti della storia d’Italia, come la deportazione degli ebrei e il Vajont.
Da queste necessità nasce la figura di Adele, donna coraggiosa che dopo aver affrontato la storia combatte l’ultima delle sue battaglie personali.
Ci sono, in
questo romanzo, personaggi da te già conosciuti o è tutto frutto della tua
fantasia?
In questo romanzo non ci sono
personaggi conosciuti, però in ognuno di quelli immaginati ci sono frammenti di
persone note. Al tempo stesso ci sono personaggi della storia, uomini e donne
che hanno costruito gli eventi. Nel miscelare questi due aspetti, credo che
tutto diventi verosimile, me ne accorgo quando termino la stesura, per
l’affezione che provo verso i miei personaggi e quel senso di mancanza e
nostalgia di non raccontarli più.
Adele e
Sebastian hanno entrambi un animo sensibile e nobile ma quello che li avvicina
così tanto può essere l'intimo rapporto che ognuno di loro ha con la musica in
generale e con il violino in particolare? Sarebbe stato lo stesso se lui avesse
suonato - ad esempio - la chitarra?
Il violino e il suo suono
struggente sono di certo il motivo dell’incontro dei due personaggi. Diversi
per tanti aspetti ma accomunati dalla determinazione di andare oltre i limiti
che la vita ha imposto loro. Un altro strumento non credo avrebbe funzionato.
Il diario e
l'agenda - il passato e il presente - di Adele si alternano nella lettura di
questo libro, raccontando eventi anche di grande impatto, come le leggi
razziali nel periodo della grande guerra, il disastro del Vajont che, nella sua
terribile verità fa parte della nostra storia. Hai forse voluto
"giocare" con realtà e fantasia? Se è così ci sei riuscito benissimo.
Confrontarmi con la storia mi
offre la possibilità di approfondire temi a me poco noti con ricerche
bibliografiche e persone. Mi sfida nel raccontare un mondo a me ignoto, come
Venezia degli anni 40 o Longarone negli anni 60. Infine supporta il racconto
con eventi chiave, in cui i personaggi si possono specchiare e mettere in
gioco, come in parte chiunque ha fatto nel momento in cui sono avvenuti. La
vita di ognuno di noi si snoda con pietre miliari personali o della comunità.
Ricordiamo gli eventi e la nostra reazione a essi, raccontarli significa
mettere il lettore in un luogo in cui ne possa comprendere l’emozione e
sviluppare empatia con i miei personaggi.
Nella mia
mente questa storia è come una strada statale che si interseca con tante strade
provinciali e comunali che poi riportano alla statale. Mi riferisco, ad
esempio, alla vicenda della maestra Sarah che si inserisce ad un tratto nella
storia di Adele e che non è assolutamente marginale
La strada statale di cui parli
sono le persone, il rapporto che le lega, l’amore e l’affetto che sono riuscite
a donarsi. Mi piace pensare che i protagonisti del romanzo non siano Adele,
Sebastian, Sarah o i tanti altri che si incontrano, ma per l’appunto un’unica
emozione che li lega tutti insieme.
In questo modo in fondo non si perdono mai e quindi ogni strada provinciale e comunale torna a confluire nella statale, che nel nome di Adele le raccoglie tutte.
In questo modo in fondo non si perdono mai e quindi ogni strada provinciale e comunale torna a confluire nella statale, che nel nome di Adele le raccoglie tutte.
Ti capita di
confrontare i tuoi personaggi con gente che tu conosci realmente o con te
stesso? Cioè ti domandi come avrebbe reagito Adele (o qualunque altro dei tuoi
personaggi) nelle situazioni in cui ti sei trovato?
Ogni personaggio, come detto, è
un mosaico di persone conosciute, più o meno care. Non mi capita mai di
confrontare i personaggi dei miei libri con quelli che conosco, perché in
realtà i primi ormai vivono di vita propria e si comportano in parte come i
secondi.
Con il primo romanzo, che si svolge interamente a Roma, mi capitava di visualizzare i miei due protagonisti in mezzo alle strade in cui ne raccontavo le gesta.
Le storie che scrivo mi rimangono dentro come avvenimenti reali e non sarebbero tali senza i protagonisti.
Con il primo romanzo, che si svolge interamente a Roma, mi capitava di visualizzare i miei due protagonisti in mezzo alle strade in cui ne raccontavo le gesta.
Le storie che scrivo mi rimangono dentro come avvenimenti reali e non sarebbero tali senza i protagonisti.
Di solito
termino le interviste chiedendo all'intervistato di porsi una domanda che a noi
non viene in mente. Non tutti rispondono, tu?
Mi
chiederei se abbia intenzione di continuare a scrivere o meno e se abbia già
qualcosa in cantiere. Mi risponderei che vorrei scrivere ancora, ma al momento
non ho nulla di definito e tutto ciò non
mi piace.
Grazie, Pierpaolo,
della tua cortesia. Fatti venire l’ispirazione e avvisaci subito del tuo
prossimo libro.
Valter
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