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mercoledì 19 luglio 2017

Segnalazione Time: Trame d'assenza di Davide Uria

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Oggi ho il piacere di presentarvi il libro di poesie 
"Trame d’assenza" di Davide Uria .





In questa silloge di esordio, Trame d’assenza, Davide Uria si rivela come il poeta dell’abbandono, della nostalgia, della lotta interiore. La sua poesia ci trasmette la coscienza dell’esistere attraverso uno stile elegiaco, intimo e conflittuale a un tempo. Nei versi che aprono la raccolta, e precisamente nella poesia Preludio, il giovane poeta ci spiega la sua poetica e il significato celato nelle sue parole, dense e simboliche, scavatrici di abissi e fautrici di incendi alimentati da un vento medianico. Il senso della fine, la percezione dell’ineluttabile, la disperazione che cerca la salvezza e una via d’uscita da un’impasse dolorosa sono i temi portanti dell’intero poemetto. La ricerca amletica di una soluzione risiede nel tentativo di immedesimarsi nella natura circostante, specchio di stati d’animo emozionali per trovare una cura “poetica” alle ferite di un passato tormentato e riscoprire quindi la luce che risiede dentro di sé. 


 

Uria trae ispirazione da tutto ciò che lo circonda ma in modo particolare dagli elementi naturali: il mare, la luna, il vento, la neve, la grandine. Tutto contribuisce ad alimentare la sua arte legata a effigi di profonda bellezza, a nutrire le sue parole, dense di sensazioni ed emozioni a volte struggenti, a volte ferrigne. Non manca infatti l’asprezza, la rabbia intrisa di malinconia, la sensazione di una forza superiore che può arrivare imprevedibilmente sul nostro cammino a volte a consolare, a volte anche a insinuarsi come un veleno di insofferenza, nell’impossibilità di un riscatto agognato. Il paesaggio descritto  in alcuni casi è quasi l’emblema di un paradiso perduto, il microcosmo di una primigenia felicità/passione che lo ha abbandonato a se stesso. Ecco che le ferite riemergono come punte di un iceberg in un oceano di silenzio – sul bianco della pagina nascono frammenti di inchiostro, echi di assenze – e il poeta si sorprende degli inganni della memoria, nella consapevolezza di un doloroso passato che dovrebbe volare via, nella stessa misura in cui il vento ci sfiora per poi passare oltre. Eppure, come tutti i poeti sanno, non ci si può esimere dall’incontro con la sofferenza, perché questa emozione, al di là della sua accezione negativa, può rivelarci la sensazione di essere vivi hic et nunc, unica verità fruibile nella molteplicità dei segni. Distrattamente si perde un equilibrio, ferocemente si perde un amore e nei labirinti mentali che imprigionano, ecco che si cercano le porte interiori per giungere a una salvezza che, nel caso specifico di Uria, avviene attraverso la poesia. La passione amorosa è simbolicamente angelo e demone, è presenza e assenza nelle melodiose note cantate dal poeta che, come Catullo, odia e ama a un tempo. Ma quello che ci stupisce è la forza con cui la parola nata dal silenzio rapisce l’autore e non viceversa:
 
 “Ho fatto tesoro di parole mai pronunciate / in loro trovo riparo, conforto”.
 
Uria risponde al suo istinto di versificatore, le parole sgorgano come acqua di sorgente, non possono fermarsi, l’obiettivo è la vita. L’artefice è sempre innamorato della parola, è preda della sua indole poetica e cade nella purezza del sentire. Tra confessioni e sussurri, sospiri di morte e grida piene di vita, si fa strada il senso di una lacerazione costante, come nella poesia Creatura. In questi versi inquietanti, che ci svelano un sublime intravisto e afferrato negli abissi, sembra di rivivere con l’immaginazione il noto quadro di Vincent Van Gogh, Campo di grano con volo di corvi (1890): 
 
"Lacera il mio corpo sulle ali dorate di un angelo e volo su campi di grano, abbracciato ai raggi del sole devastante. […]
Goccia infuocata, belva di sangue, sbrana i miei scialbi sentimenti e riposa sul mio cuore. Spregevole creatura nera, abile creatrice di incubi avvilenti".

 

L’azione terapeutica della poesia consiste proprio nello svelamento del perturbante," l’unheimlich", che come scrive Schelling nella Filosofia della mitologia:
“È detto unheimlich tutto ciò che potrebbe restare segreto, nascosto, e che è invece affiorato”.
Di qui il tessuto, la trama poetica che unisce i versi di Uria in una ricerca odisseica del proprio sé, lungo un gioco di luci e di ombre, di pieno e di vuoto, di amore e di abbandono – spettro di impressioni fotografiche dell’io che dissimula un sottotesto romantico e melanconico.
 
 
Trame d'assenza di Davide Uria è la narrazione in versi di un perdersi e di un ritrovarsi continuamente.
 È la storia di ogni lettore che riesce a immedesimarsi emotivamente nei luoghi interiori del poeta, profeta di se stesso e di tutto quello che accade nell’animo umano.
Dagli abissi tenebrosi del dolore alla luce salvifica della vita: è il percorso di un riscatto che fa delle parole la propria guida, è lo svelamento dell’inconscio nel mistero sorprendente del pathos.


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L’ attesa 

 
La luce del giorno

svela l'effimera sostanza

dei miei occhi.

 Supremo al mio cospetto,

un monte si erge

come un' elevata muraglia

 
Giunge con una gelida coltre

la stagione invernale.

Un soffice e candido tappeto

ricopre il sentiero,

atrofizza parole.

Parole che sfuggono

tra le graffianti mani,

parole dimenticate,

oscurate dall'oblio.

 Vorrei che la notte

accolta nel silenzio,

mi stringa nel suo algido abbraccio.

 
Perduto,

rimembro alle fragili attese

di ogni tuo sguardo.

 
Ho colto l' immenso, l'eterno, il soave,

lo stupore della mia amarezza

di ogni tua mancata carezza.

 
Terra, genitrice funesta

sovrana dell'indigenza

rendi il mio spirito

Imperatore del vuoto.

E soffro, verso umido dolore

un fiume che traccia,

con macabre sfumature,

uno sgradevole

ed insanabile tormento.
 
 
 
 

Tra i rami e le nuvole

 Se mi cerchi

sono tra i rami

e le nuvole,

a disegnare

una nuova e sottile voce

alle osannate utopie

assopite,

annebbiate dal tempo.

 Vieni a cercarmi

domani

con la luce

di un giorno nuovo,

lontano

dai consueti luoghi

del rimpianto,

con gli occhi

di un bambino

per mietere

i frutti

di questi cupidi rami,

che si intrecciano

tra le dissipate nubi.

 
Se mi cerchi

sono tra le foglie leggere,

a misurare il vento,

a rintracciare

le soglie di questo

cupo inverno.

 

 

 

 Perchè leggere un libro di poesie?
Leggere le poesie fa bene all'anima, rilassa la tensione e riscalda il cuore. La poesia come tutte le forme d'arte è la terpia dell'anima affranta, dell'anima ferita, dell'anima in cerca di sè stessa.
La poesia fa ricordare a tutti chi siamo, da dove veniamo e dove vorremmo andare.
Leggete la poesia e non ve ne pentirete.
 
La vostra Emanuela.

 

 





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