Il terrorismo nella rete - la filosofia terroristica dalle radici al web
Chiara Franzin
Tra i finalisti del Premio Cerruglio 2018, nella sezione Saggistica Attualità c'è questo interessantissimo saggio scritto da una giovane Autrice, alla sua prima esperienza di saggista. L'ho trovato interessante perché ha il suo scopo altrettanto interessante: quello di far conoscere il fenomeno per non averne paura. E' giusto l'intento e mi fa piacere condividere con voi la conoscenza di questa nuova ricercatrice.
Ecco le domande che le ho posto e le sue risposte
Al di là delle biografie
ufficiali e del curriculum, chi è Chiara Franzin?
Questa è sempre una bella domanda. Chiara Franzin è una giovane
donna caparbia e curiosa che vuole capire il perché delle cose che accadono
intorno a lei. Sono consapevole del fatto che non sempre si possono trovare le
risposte a tutti i quesiti ma credo che già il fatto di porsi dei quesiti sia
una risorsa fondamentale e non mi sento una persona completamente realizzata
perché tendo sempre a volere più di quel che raggiungo.
Lei è laureata in Relazioni
Internazionali, cosa l'ha spinta a scrivere un libro sul terrorismo?
Quest’opera nasce da una necessità. Quando cominciai ad
intravedere le prime tracce di quello che sarebbe poi divenuto un fenomeno
spaventoso e dilagante ho sentito il bisogno di capire perché stesse
succedendo. I primi video di mutilazioni, decapitazioni e roghi umani che hanno
cominciato ad apparire sul familiare schermo della TV all’ora di cena io non
riuscivo proprio a comprenderli. E al motto di “Se comprendere è impossibile,
conoscere è necessario” ho iniziato il mio lavoro di analisi, decisa a capire
chi erano quelle persone, dove si trovavano, perché parlavano in quel modo, con
quel tono e soprattutto quali potevano essere le loro motivazioni .
Da esperta di comunicazione,
invece, non crede che sia una contraddizione parlare di terrorismo per
conoscerlo per non averne paura quando, parlandone, lo si pubblicizza?
Questo paradosso è un tema che mi sta molto a cuore. Ne parlo
ampiamente nel mio testo facendo riferimento soprattutto al ruolo fondamentale
che hanno avuto i mass media e il giornalismo nell’escalation di azioni terroristiche
che abbiamo avuto dagli anni 80’ in poi. E’ un tema delicato che va trattato
con i guanti ma credo che con le giuste argomentazioni, con il giusto tono e
senza la corsa al sensazionalismo sia
doveroso parlare di questo argomento. Sono convinta che questo sia il modo
corretto di smontare l’aura mitologica che avviluppa il terrorismo moderno.
Come può difendersi uno Stato dal
terrorismo?
Forse questa è una domanda più grande di me. Credo che, oltre a
un buon apparato di intelligence (che è fondamentale) uno stato possa
difendersi dal terrorismo nella misura in cui riesca a difendere i suoi
cittadini dalla percezione del pericolo derivante da esso. La politica ha un
ruolo cruciale in questo e deve sapere dare risposte autorevoli nel momento del
bisogno.
C'è margine di dialogo con i
gruppi terroristici da parte dei Paesi che li ospitano? Mi riferisco, ad
esempio al caso del Presidente Ghani che propone di riconoscere i Talebani come
partito politico, per pacificare l'Afghanistan
Evidentemente si, credo però dipenda dalla situazione
geopolitica del paese in questione. Sarebbe impensabile per me, nata in Italia
da un padre che ha fedelmente prestato servizio nell’arma dei carabinieri
durante gli anni di piombo dire che il governo Italiano avrebbe dovuto
dialogare con i terroristi. Se pensiamo invece a un movimento profondamente
legato alle maglie della società mediorientale che ha un peso indiscutibile
nella politica di quello stesso pese e che rappresenta una buona parte dei
malumori della popolazione si è in parte costretti a scendere a patti per il
bene del paese. Riconoscendo i talebani
come partito politico questi si ritroverebbero costretti ad agire nella
legalità e quindi a non poter più perpetrare azioni terroristiche, lo stesso è
successo ad Hamas nelle elezioni del 2006 (Una volta al potere ha dovuto
forzatamente scendere a patti con le
autorità politiche internazionali, in qualche maniera è divenuto parte dello
stesso sistema che combatteva). È una mossa politica che va valutata.
Quanto ha impiegato in studi e
ricerche per realizzare quest'opera?
Lo studio del materiale e dei testi ha richiesto parecchio
tempo, soprattutto per quanto riguarda il periodo storico che va dal 2012 ai
giorni nostri perché ho dovuto raccogliere notizie da articoli specialistici
che davano un’indicazione frammentaria che ho dovuto poi assemblare. Tra studio
e stesura ci è voluto più o meno un anno e mezzo.
Pensa di continuare una
produzione editoriale su questo argomento?
Questo argomento mi appassiona moltissimo quindi spero di
riuscire a continuare a trattarlo.
A proposito della partecipazione
al Premio Cerruglio 2018, cosa direbbe ai giurati per convincerli a scegliere
la sua opera?
Per me è già una vittoria incredibile e inaspettata far parte
dei cinque finalisti di questo concorso, considerando poi che le altre opere
sono scritte da persone preparate e di successo mi sento decisamente onorata.
L’unica cosa che potrei dire è che il mio saggio è agile e facilmente
comprensibile quindi se ricevesse la “consacrazione” del premio Cerruglio
potrebbe aiutare davvero tutti a comprendere meglio il fenomeno.
Vuole farsi una domanda che a noi
non viene in mente a cui ritiene utile rispondere?
Una delle domande che più mi fanno riflettere, e che se potessi
farei anche agli altri candidati al premio, è: Barattereste la vostra libertà e
la vostra umanità con le comodità che ci offrono gli odierni mezzi di
comunicazione? Perché quel che io ho potuto studiare è che internet e questo
mondo così interconnesso hanno reso possibile fare cose strepitose che fino a
cinquant’anni fa erano fantascienza.. ha, d’altro canto, reso possibile il
dilagare del terrorismo in rete, delle truffe in rete e dell’alienazione
dell’essere umano che, nutrito di stereotipi, ha abbandonato quel che un tempo
era la naturale interazione umana (tratto nel mio libro il fatto che molti
terroristi attratti dalla possibilità di avere visibilità coltivano un certo
narcisismo). Se poteste tornereste indietro? A questa domanda io non ho ancora
trovato risposta.
Ringrazio molto Chiara perche ha accettato l'intervista, perché ha scritto un bellissimo saggio, perché partecipa ad elevare la categoria dei giovani ad un ruolo attivo e positivo nella società e a lei rivolgo l'augurio di rito per il Premio Cerruglio:
In bocca al lupo!
Valter
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