Recensione libro
La misura dell’uomo
di Marco Malvaldi
Giunti
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Titolo: La misura dell'uomo
Autore: Marco Malvaldi
Editore: Scrittori Giunti
Genere: Thriller storico
Pagine: 300 pagine
Pubblicazione: 6 Novembre 2018
Formato: Kindle e copertina rigida
Ottobre 1493. Firenze è ancora in lutto per la morte di Lorenzo il Magnifico. Le caravelle di Colombo hanno dischiuso gli orizzonti del Nuovo Mondo. Il sistema finanziario contemporaneo si sta consolidando grazie alla diffusione delle lettere di credito. E Milano è nel pieno del suo rinascimento sotto la guida di Ludovico il Moro. A chi si avventura nei cortili del Castello o lungo i Navigli capita di incontrare un uomo sulla quarantina, dalle lunghe vesti rosa, l'aria mite di chi è immerso nei propri pensieri. Vive nei locali attigui alla sua bottega con la madre e un giovinetto amatissimo ma dispettoso, non mangia carne, scrive al contrario e fatica a essere pagato da coloro cui offre i suoi servigi. È Leonardo da Vinci: la sua fama già supera le Alpi giungendo fino alla Francia di re Carlo VIII, che ha inviato a Milano due ambasciatori per chiedere aiuto nella guerra contro gli Aragonesi ma affidando loro anche una missione segreta che riguarda proprio lui. Tutti, infatti, sanno che Leonardo ha un taccuino su cui scrive i suoi progetti più arditi - forse addirittura quello di un invincibile automa guerriero - e che conserva sotto la tunica, vicino al cuore. Ma anche il Moro, spazientito per il ritardo con cui procede il grandioso progetto di statua equestre che gli ha commissionato, ha bisogno di Leonardo: un uomo è stato trovato senza vita in una corte del Castello, sul corpo non appaiono segni di violenza, eppure la sua morte desta gravi sospetti... Bisogna allontanare le ombre della peste e della superstizione, in fretta: e Leonardo non è nelle condizioni di negare aiuto al suo Signore
Ottobre 1493. La città
di Milano è nel pieno del suo rinascimento, sotto la guida del suo reggente,
Ludovico il Moro. La vita a castello scorre rapida e frenetica, tra amori,
tradimenti e guerre politiche, ma Ludovico il Moro è molto attento a tutto ciò
che succede nella sua città.
“Il martedì ed il venerdì erano i
giorni riservati alle udienze. I giorni in cui Ludovico il Moro, duca di Bari
ma ciò nonostante signore di Milano, concedeva ascolto e attenzione a chiunque
li richiedesse per risolvere un problema. Qualsiasi tipo di problema, e
qualunque cittadino di Milano – il che significava chiunque pagasse le tasse
imposte dal Moro, a parte quelli che non le pagavano per gentile concessione
del Moro stesso. E il milanese che pagava le tasse aveva ben diritto a essere
ascoltato, anche perché di tasse ne pagava parecchie.”
Tuttavia, a Milano
vive un uomo straordinario e fuori da comune: sulla quarantina, dalle lunghe
vesti rosa, l’aria mite di chi è immerso nei propri pensieri. È Leonardo da
Vinci: la sua fama già supera le Alpi giungendo fino alla Francia di re Carlo
VIII, che ha inviato a Milano due ambasciatori per chiedere aiuto nella guerra
contro gli Aragonesi ma affidando loro anche una missione segreta che riguarda
proprio lui. Tutti, infatti, sanno che Leonardo ha un taccuino su cui scrive i
suoi progetti più arditi – forse addirittura quello di un invincibile automa guerriero
– e che conserva sotto la tunica, vicino al cuore.
Il Moro è piuttosto spazientito
con Leonardo: da diverso tempo ha commissionato una statua equestre in onore di
Francesco Sforza, ma il grandioso progetto procede a rilento ed il grande
artista è piuttosto in ritardo nella consegna. Nonostante tutto, Ludovico il
Moro ha bisogno di Leonardo: un uomo è stato trovato senza vita in una corte
del Castello, sul corpo non appaiono segni di violenza, eppure la sua morte
desta gravi sospetti. Bisogna allontanare le ombre della peste e della
superstizione, in fretta: e Leonardo non è nelle condizioni di negare aiuto al
suo Signore.
“Magistro Ambrogio lo ha visto
solo dall’esterno. Io vorrei che voi ne guardaste l’interno […] non è dunque
vero, messer Leonardo, che voi vi dilettate di notomia, e che per rendere più
verosimili i vostri dipinti e le vostre opere siete solito mettere ancor più a
nudo i corpi, svestendoli della pelle e disegnando le loro fattezze?”
Grazie alla grande
mente di cui è dotato, Leonardo riuscirà a risolvere il mistero, facendo venire
a galla vecchi segreti mai confessati, tradimenti e congiure, indagando tra la
corte di Ludovico e la casta ecclesiastica.
Il romanzo “La misura
dell’uomo” di Marco Malvaldi è un romanzo giallo ad ambientazione storica, che
vede come protagonista l’illustre e ben noto Leonardo da Vinci. L’autore
descrive con minuziosi dettagli l’ambientazione storica a cui si riferisce ed
il lettore non tarda a calarsi nella Milano di fine Quattrocento. Fin dalle
prime righe del racconto, si respira aria rinascimentale:
“Benvenuti nel Rinascimento, dove
ogni frase viene calibrata e inanellata come un gioiello, pesando sul bilancino
ciascuna singola parola e poi mostrando il monile non per far vedere quanto è
bello, ma quanto è potente chi lo indossa. E dove il significato di qualunque
discorso deve essere interpretato sulla base di chi lo fa, di chi lo ascolta,
di chi c’è nella stanza e di chi non c’è, di quali nomi si dicono e soprattutto
di quali non si pronunciano.”
Con uno stile ironico
e scoppiettante, talvolta irriverente, vengono descritte situazioni ed episodi
tipici dell’epoca.
“A fine Quattrocento, essere
grassi era uno status symbol: significava che si poteva mangiare tutti i giorni
più del dovuto, e che ben poche delle calorie ingurgitate venivano convertite
in lavoro manuale.”
Il romanzo è ricco di
personaggi, che popolano il racconto in modo caotico e disordinato.
Fortunatamente, l’autore ha posto una ricca e dettagliata lista dei personaggi all’inizio
del romanzo, in modo tale che il lettore possa consultarla in ogni momento.
In ogni caso, tra i
personaggi principali ritroviamo diverse figure.
Ludovico il Moro è il duca
di Bari e signore di Milano, nonché figlio illegittimo di Francesco Sforza. La
sua principale caratteristica fisica rispecchia in pieno il carattere del
personaggio; infatti, il signore di Milano è alto un metro e novanta, il che,
unito allo sguardo glaciale e alla lunga e severa veste nera, lo rende un uomo
temibile ed autorevole.“Non gli è chiaro
se sia meglio comandare o fottere, ma entrambe le cose gli piacciono assai.”
Leonardo di Ser Piero
da Vinci viene così descritto dall’autore: “dipintore,
scultore, architetto, ingegnario di corte e assai avvezzo alle fantasticherie.
Insomma, omo di genio.” Vive nei locali attigui alla sua bottega con la
madre Caterina ed un giovinetto amatissimo ma dispettoso. Leonardo è un uomo
sui generis: è avvezzo ad utilizzare vesti rosa, ha un temperamento mite, non
mangia carne, scrive al contrario e con la testa sempre persa fra i suoi
pensieri.
Beatrice D’Este è la
figlia del duca di Ferrara, Ercole I d’Este e moglie di Ludovico il Moro. È una
donna dall’aspetto pingue e dalla dote generosa; è piuttosto ingenua nella
parola e nel pensiero, ma non fino al punto di non accorgersi “dei molti fruscii di sottane lungo i
corridoi del castello”, che indicano le numerose scappatelle del marito.
Cecilia Gallerani in
Bergamini è una nobildonna che vive a Milano, una delle più famose amanti di
Ludovico il Moro. Donna colta e raffinata, Cecilia ospita nel proprio salotto
uomini di ingegno e di arte per discutere e dar vita a dibattiti elevati ed
interessanti. E proprio a lei, Leonardo si è ispirato nella sua famosa opera
“La dama con l’ermellino”.
Bellissimo il
confronto fisico e mentale, che l’autore ci regala, tra Beatrice e Cecilia
Gallerani, rispettivamente moglie ed amante del Signore di Milano.
“Da una parte la sottile ed eterea
Cecilia Gallerani, ancora bella come nel ritratto che le aveva fatto anni prima
messer Leonardo, serena e insieme austera, voltata di tre quarti come ad
accorgersi del divisato arrivo dell’amante, ovvero quel Ludovico il Moro di cui
si parlava poco prima, atteso carezzando l’ermellino che portava in grembo.
Dall’altra parte, quella bimbetta tombolotta e rompipalle che rispondeva,
ahimè, al nome di Beatrice D’Este ed era la adorata secondogenita del suo
signore Ercole. Una bimbetta, appunto, magari soave nei modi ma certamente
grezza nel cuore, ch l’ambasciatore aveva nei suoi silenti monologhi
soprannominata Beatruce- un nomignolo che quasi non si azzardava a pensare,
figuriamoci a dire. Tutto il resto del mondo, invece, l’adorava: il padre, la
sorella, la madre, e molti altri, nel cui novero sicuramente non si poteva
contare l’ambasciatore Giacomo Trotti.”
I capitoli del romanzo
si susseguono rapidi uno dietro l’altro, sebbene siano inframezzati da alcune
raccolte epistolari. Infatti, Giacomo Trotti, ambasciatore del duca di Ferrara,
aggiorna continuamente il suo signore riguardo la situazione di Milano,
inviando lunghe lettere, con uno stile essenziale e diretto. Nel romanzo, tale
personaggio viene descritto con queste esatte parole: “Giacomo Trotti: ambasciatore, occhi e recchie del duca di Ferrara,
Ercole I d’Este. Ormai non più giovane, abile interprete della vita di corte.
Un po' spione forse, ma è per questo che lo pagano.”
Marco Malvaldi è
dotato di uno stile di scrittura fluente, diretto ed ironico; l’autore gioca
con le parole, tornando ad utilizzare un linguaggio arcaico e piuttosto
superato: sebbene inizialmente sia difficile per il lettore comprendere appieno
il significato di ogni parola, successivamente si è catapultati nel periodo
rinascimentale, adattandosi perfettamente allo stile di linguaggio dell’epoca.
A cinquecento anni dalla
morte di Leonardo da Vinci, Marco Malvaldi riesce a creare un romanzo
straordinario, ricco di ingegno, mistero ed un pizzico di ironia, che si
addicono così bene alla mente multiforme, creativa e superba di Leonardo. È lo
stesso Malvaldi che alla fine del libro espone al lettore, in modo diretto e
sincero, i propri dubbi.
“Cercare di scrivere, da storico,
un libro privo di errori su Leonardo da Vinci sarebbe pretenzioso. Credere di
poterlo fare da romanziere, con in tasca una laurea in chimica, sarebbe stato
delirante. Non dubito, quindi, che in questo libro siano presenti parecchi
errori, sia a livello storico che a livello artistico, e che prima o poi
verranno individuati.”
Io credo che l’autore
sia stato in grado di creare un romanzo storico davvero ben calibrato, preciso
e dettagliato nella descrizione ed ambientazione storica. Innegabile è la
grandezza della mente di Leonardo, e paragonare le sue intuizioni investigative
a quelle di uno Sherlock Holmes del mondo antico è davvero eccitante.
A cura di Flavia
Pigliacelli
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