Recensione libro
Demamah: il signore del deserto-Demamah: el señor del desierto. Ediz. bilingue
Scheda tecnica
Titolo: Demamah: il signore del deserto-Demamah: el señor del desierto. Ediz. bilingue
Autore: Yuleisy Cruz Lezcano
Editore: Monetti Editore
Genere: Poesia
Formato: Copertina flessibile
Pagine: 192
Pubblicazione: 22 Luglio 2019
«Questo libro per me rappresenta più viaggi dentro e fuori me stessa. Tramite i diversi componimenti il primo viaggio è quello del tentativo implicito di rivelare in modo celato alcune tappe importanti che hanno caratterizzato le storie raccontate, le emozioni e le unità di senso. In questa raccolta poetica ho radunato poesie scritte in diversi momenti della mia vita. Alcune di esse composte durante il mio viaggio a Tozeur in Tunisia, altre le ho composte a Cuba e altre durante le passeggiate silenziose attorno a casa. La scelta di presentare due libri in uno, con poesie bilingue italiano/spagnolo, che racchiudano lo stesso senso, rappresenta un secondo viaggio: lungo le mie radici culturali, che hanno un origine passata a Cuba e una crescita presente in Italia. Il terzo viaggio è un viaggio a due strade parallele: una lungo un inferno fiorito e l'altra verso un paradiso di rumoroso silenzio.»
Ho letto
attentamente le poesie dell’autrice Yuleisy Cruz Lezcano raccolte nel libro
“Demamah: il signore del deserto”, presentate in doppia versione: lingua
originale e tradotte in italiano. Prima di scrivere la recensione, ho preso dei
giorni di riflessione. La poesia di Lezcano è contemporanea perciò libera da
schemi e metrica classica e composta da versi lunghi; sporadicamente si trovano
dei versi brevi e in rima, delle figure retoriche e immagini poetiche. Questa
mancanza di metrica, a mio dire, toglie musicalità al verso e al componimento
poetico trasformandolo in riflessioni scritte, una prosa – poetica. Riflessioni
metafisiche, religiose e introspettive. L’ultimo
verso della poesia “Ombre sorelle” mi ha riportato alla triste vicenda dei tre
vigili del fuoco morti nell’esplosione della cascina di Quargnento ad
Alessandria:
“La vergogna
ripresa
Fabbrica
azzurri fantasmi
Che urlano
con la bocca di disgrazia
Un mare di
dolori
Per queste
morti senza senso né pietà
Che
zoppicano con oscura meschinità
Trascinando
il peso
Di tutte le
futili violenze
Provocate
dagli assurdi schizzi
Di una
coscienza chiusa
Che non si
domanda
Se il cielo
sputa con fuoco aperto
Incubi di
morti stereotipate”.
In questo verso c'è tanta poesia e musicalità ma è solo l'ultimo verso di una lunga composizione. Bastano solo poche parole per trasmettere emozioni e non pagine piene.
Lezcano è
alla ricerca della felicità, del senso della vita, che non è terrena ma
ultraterrena, paradisiaca; quel paradiso associato a Tozeur, la città che sorge
in un’immensa oasi nel cuore della regione del Jerid, nel sud-ovest tunisino e
a breve distanza dall’Algeria, tra laghi salati e spettacolari circondati dal
Sahara. Ed è proprio il Deserto il simbolo della solitudine dell’uomo che cerca
di seguire le orme del suo destino ma si perde tra le dune della sua
solitudine.
Riflessioni
molto belle, quasi filosofiche ed eteree ma molto lontane dall’essere
considerate poesie nell’accezione classica del termine. Ovviamente non sono un
critico letterario ma solo un’umile lettrice amante della poesia “musicale ed
altamente emotiva”.
Ne consiglio
la lettura a tutti coloro che riflettono sulla condizione dell’uomo: “Chi è?
Dove vuole andare”?
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