Recensione libro: Ritorno all’isola delle donne (The island child) di Molly Aitken
Scheda tecnica
Titolo: Ritorno all’isola delle donne (The island child)
Autore: Molly Aitken
Editore: Garzanti
Genere: Narrativa contemporanea
Pagine: 256
Pubblicazione: 15 aprile 2021
Formato: Ebook e cartaceo
C'è un solo modo per essere libere: infrangere ogni regola. Al largo delle coste irlandesi c'è un'isola lontana. Un'isola dove il vento soffia senza sosta. Un'isola dove la legge è dettata dagli uomini e alle donne è concesso solo di essere madri o figlie. Qui, in una notte di tempesta, Oona viene alla luce. Il suo pianto sovrasta il ruggito delle onde e già presagisce sventura. Figlia della rabbia e del dolore, Oona è una ribelle, non le importa a della disciplina che la madre le impone, tentando di tarparle le ali. L'unica persona in grado di capirla è Aislinn. Lei è diversa dalle altre donne dell'isola: ha scelto la libertà e per questo è temuta e disprezzata. Grazie a lei, Oona impara a essere sé stessa. A non avere paura di inseguire i propri desideri, anche se sembrano sbagliati. Ma quando si osa troppo e non si rispettano le regole, il rischio è di pagare un prezzo alto. Ben presto, un evento tanto inaspettato quanto violento si abbatte su Oona, che è costretta ad abbandonare l'isola e a prendere il largo, anche se non nel modo in cui aveva immaginato. Da allora sono trascorsi trent'anni. Un tempo lunghissimo in cui Oona ha cercato di non guardarsi indietro e di dimenticare quello che è stato. Ma adesso deve tornare sull'isola dove tutto è iniziato. Perché è lì che sua figlia è fuggita. Ed è solo e soltanto lì che potrà dare voce a ciò che non ha mai confessato prima: una verità capace di regalarle la libertà che cerca da tutta la vita.
Romanzo d’esordio di Molly Aitken, "Ritorno all’isola delle donne" non è un libro facile da descrivere. Non è lineare (né nella forma, composta da continui salti temporali, né nello svilupparsi della trama); invece, è ricco di contraddizioni: è intenso e delicato, malinconico e infuocato, spesso un boccone amaro, ma sempre sorprendente e bellissimo. La protagonista è Oona, ma l’autrice è brava nel tessere un filo infinito, che lega tutti i personaggi: Oona è influenzata dalle persone che la circondano e allo stesso tempo ha un’enorme influenza sulle loro vite. Questo romanzo intreccia abilmente i numerosi aspetti che vanno a creare il personaggio sfaccettato e multiforme che è Oona: il rapporto madre-figlia si rivela un bellissimo fil rouge all’interno del romanzo, a cui si unisce una narrazione di depressione post-partum e di lutto che è di una sensibilità disarmante. Lo stupro è un altro argomento importante nel romanzo, e un momento focale nella vita della protagonista. Ho molto apprezzato il modo in cui l’autrice riporta in maniera approfondita l’impatto sociale e psicologico di uno stupro – la cultura dello stupro e il victim blaming, la depressione, la presa di coscienza solo dopo vent’anni, il fatto che lo stupratore fosse una persona conosciuta e fidata. Accanto alla vicenda di Oona si delinea quella di Enda, suo fratello, e di Felim (una storia d’amore omosessuale in un contesto ultrareligioso), di Aislinn e di altri personaggi secondari, molto ben caratterizzati, di cui l’autrice si serve per rivelare quanta sofferenza l’isola, che altro non è che una sineddoche del patriarcato, provochi anche in chi nella norma si trova a suo agio. Questo romanzo è ricchissimo, stupendo. Il finale forse è un po’ teatrale, ma posso comprendere la difficoltà di terminare un’opera così complessa. Lo consiglio a tutti, tenendo tuttavia in considerazione i trigger warnings di cui sopra (e che spero di aver riportato tutti, dal momento che non sono pochi). 5/5
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