RECENSIONE LIBRO
Morire a Marcinelle. Storia di un minatore
italiano
Emanuele Corocher
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Scheda tecnica
TITOLO: Morire a Marcinelle. Storia di un minatore italiano
AUTORE: Emanuele Corocher;
CASA EDITRICE: Argot Edizioni;
NUMERO PAGINE: 156
ANNO PUBBLICAZIONE: 31 LUGLIO 2018
FORMATO : Kindle, copertina flessibile
GENERE : Biografia
Il soldato Giuseppe Corso, dopo tanti scontri combattuti tra le fila del reggimento cavalleggeri "Alessandria" in Jugoslavia e dopo sette anni di guerra, riesce a salvarsi dalla fucilazione da parte dei titini. È Sonja, un'infermiera slava che amerà per tutta la vita, a salvarlo. Giuseppe, tornato in Italia, spera di essere utile alla ripresa della sua patria lavorando nelle miniere del Belgio. Parte con tanti altri in carri ferroviari malandati per andare a vivere in campi di baracche. Sarà uno dei 262 morti nella tragedia di Marcinelle avvenuta l'8 agosto 1956. Il libro racconta le vicende di guerra intrecciate con l'amore per Sonja e la difficile vita in Belgio, dove nei locali pubblici era proibito l'ingresso ai cani e agli italiani. Sopravvissuto agli orrori della guerra in Jugoslavia fatta di assalti, esecuzioni sommarie, deportazioni, lager, tradimenti e vendette, Giuseppe Corso cerca di costruire la propria vita ma in Belgio tutto finisce mostrando ancora una volta la faccia mostruosa del genere umano.
“Alcuni amici di mio cognato ci portarono nella sua camera. Tutto
denotava povertà. C’era solo un vestito completo, una camicia, una cravatta e
dopo dieci anni ancora il solo paio di scarpe, quelle inviate da Bruno. Fra quelle povere cose mio marito trovò una fotografia che ritraeva il
fratello all’uscita dalla miniera tutto nero, sporco di fuliggine di carbone.
Vidi mio marito trasformato dalla rabbia. Piangeva mentre buttava tutto
all’aria. Era disperato perché capì che suo fratello nonostante il duro lavoro
non era riuscito a crearsi un futuro migliore. I suoi sogni di un pezzetto di
paradiso erano crollati e realizzò che lui forse non sarebbe uscito vivo dalle
viscere della miniera. Lui, che amava galoppare libero verso il cielo.”
«Degli uomini c’è poco da fidarsi. Sento la mancanza di un cavallo con
cui condividere gioie e paure. Sono gli unici che non tradiscono il loro
cavaliere. Alcuni sono stati colpiti mentre li cavalcavo e la mia sofferenza
era simile a un’amputazione senza anestesia. Purtroppo la patria non è in gradi
offrire lavoro agli uomini italiani disoccupati, e anche le donne premono per
emanciparsi attraverso il lavoro. Milioni di persone cercavano di lavorare per
sostenersi, ma soprattutto crearsi un futuro. Dalle rovine, dalla fame e dalla
disperazione nascerà l’Italia tanto sognata, se uomini come noi si sacrificano
e vanno a lavorare all’estero, come consiglia questo Alcide De Gasperi e il suo
governo.
Giuseppe come molti altri italiani decide quindi di andare a lavorare in Belgio, appunto nelle miniere di carbone senza diritti e sfruttato da quest’ultimi. La sua scelta ricade su quella di Marcinelle, dove allora assieme ai minatori si trovavano molti cavalli, la sua grande passione e dove appunto spera di poter crearsi un futuro e sposare la sua Sonja, una donna slava che aveva conosciuto durante il periodo di guerra e riesce a salvarlo da una fucilazione. Giuseppe quindi parte con molti sogni, ma purtroppo si ritroverà a vivere una realtà così diversa da quella che aveva sognato e per molti anni decide però di non far trapelare nulla alla sua famiglia in Italia, illudendo quest’ultimi di fare una vita comoda e agiata in Belgio per non farli soffrire inutilmente.
La scelta dell’autore di seguire la storia del protagonista tramite capitoli mi è molto piaciuta. Ogni capitolo si divide in tre parti. La prima parla la sua famiglia in base a ricordi di quest’ultimo; una parte è sempre dedicata a Giuseppe e a tutto quelle ingiustizie che insieme ad altri subisce in Belgio e infine l’ultima parte è dedicata a Sonja, una infermiera slava che viene arruolata nelle file delle persone che avevano a cuore gli ebrei e che per anni cercarono di salvarne il più possibile.
I due protagonisti dopo essersi conosciuti per colpa di quello che ci riserva la vita si ritrovano essere separati, fino ad un ultimo incontro avvenuto quando Sonja riesce a liberare Giuseppe appunto da una fucilazione con l’aiuto del fratello.
“La voce di Sonja era un flebile sussurro ma io la sentivo nitidamente. La voglia di vivere acuiva tutti i miei sensi. Finalmente percepii la sua sagoma e poi la vidi distintamente. Un solo muto abbraccio e mi precedette su una specie di zattera che silenziosamente si allontanò, manovrata da corde tirate da uomini e donne, disposte a centinaia di metri….
«Ma tu non vieni con noi su questi camion?» le chiesi, pensando che lei ci seguisse con un altro mezzo.
Sonja mi strinse e con le lacrime agli occhi mi rivelò: «In questi mesi mi sono salvata con la Stella Rossa di Tito. Sono molto indaffarata. Siamo nemici in questo momento storico io e te, noi e voi. Quando ci sarà la pace fra i nostri popoli ci ritroveremo e io ti sposerò. Ma ora vai e salvati.»
Una promessa azzardata da parte di quest’ultima. Una promessa che non riuscirà mai a mantenere perché appunto Giuseppe come molti altri troverà la morte l’8 agosto del 1956 in una miniera in Belgio come altri 262 morti.
Giuseppe come molti altri italiani decide quindi di andare a lavorare in Belgio, appunto nelle miniere di carbone senza diritti e sfruttato da quest’ultimi. La sua scelta ricade su quella di Marcinelle, dove allora assieme ai minatori si trovavano molti cavalli, la sua grande passione e dove appunto spera di poter crearsi un futuro e sposare la sua Sonja, una donna slava che aveva conosciuto durante il periodo di guerra e riesce a salvarlo da una fucilazione. Giuseppe quindi parte con molti sogni, ma purtroppo si ritroverà a vivere una realtà così diversa da quella che aveva sognato e per molti anni decide però di non far trapelare nulla alla sua famiglia in Italia, illudendo quest’ultimi di fare una vita comoda e agiata in Belgio per non farli soffrire inutilmente.
La scelta dell’autore di seguire la storia del protagonista tramite capitoli mi è molto piaciuta. Ogni capitolo si divide in tre parti. La prima parla la sua famiglia in base a ricordi di quest’ultimo; una parte è sempre dedicata a Giuseppe e a tutto quelle ingiustizie che insieme ad altri subisce in Belgio e infine l’ultima parte è dedicata a Sonja, una infermiera slava che viene arruolata nelle file delle persone che avevano a cuore gli ebrei e che per anni cercarono di salvarne il più possibile.
I due protagonisti dopo essersi conosciuti per colpa di quello che ci riserva la vita si ritrovano essere separati, fino ad un ultimo incontro avvenuto quando Sonja riesce a liberare Giuseppe appunto da una fucilazione con l’aiuto del fratello.
“La voce di Sonja era un flebile sussurro ma io la sentivo nitidamente. La voglia di vivere acuiva tutti i miei sensi. Finalmente percepii la sua sagoma e poi la vidi distintamente. Un solo muto abbraccio e mi precedette su una specie di zattera che silenziosamente si allontanò, manovrata da corde tirate da uomini e donne, disposte a centinaia di metri….
«Ma tu non vieni con noi su questi camion?» le chiesi, pensando che lei ci seguisse con un altro mezzo.
Sonja mi strinse e con le lacrime agli occhi mi rivelò: «In questi mesi mi sono salvata con la Stella Rossa di Tito. Sono molto indaffarata. Siamo nemici in questo momento storico io e te, noi e voi. Quando ci sarà la pace fra i nostri popoli ci ritroveremo e io ti sposerò. Ma ora vai e salvati.»
Una promessa azzardata da parte di quest’ultima. Una promessa che non riuscirà mai a mantenere perché appunto Giuseppe come molti altri troverà la morte l’8 agosto del 1956 in una miniera in Belgio come altri 262 morti.
Ho
voluto far conoscere tramite questa recensione il libro, perché racconta
uno spaccato della nostra storia che penso sia doveroso far conoscere a chi
come me ne sapeva poco o nulla. Insomma se volete un mio consiglio leggetelo e
leggetelo. Grazie anche alla capacità dell’autore di saper usare uno stile
fluido e coinvolgente, vi ritroverete a sperare in cuor vostro che fino alla
fine al nostro protagonista il destino possa riservargli un futuro diverso. Un
futuro diverso da quello ingiusto e da quella morte così improvvisa.
Recensione di Valentina Fontan
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