EDIZIONE 1972
EDIZIONE 2013
SCHEDA TECNICA
Titolo: La collina dei conigli
Autore: Richard adams
Editore: BUR
Pubblicazione: 1 Edizione 1972 ; edizione attuale 2013
Pagine : 453
Gradimento
La collina dei conigli è un romanzo di Richard Adams scritto nel 1972 e con il seguito dal titolo La collina dei ricordi datato 1996.
Come dice il titolo stesso, "la collina dei conigli", il romanzo racconta la storia di un gruppo di conigli in fuga dalla loro conigliera per un grave pericolo, alla ricerca di un posto tutto loro nel mondo, un posto dove vivere in pace e creare anch’essi una loro casa.
Il viaggio incomincia una mattina di un maggio qualsiasi, quando
Quintilio, un coniglio dai doni profetici ha una premonizione di
pericolo imminente e convince suo fratello Moscardo ad andare in
esplorazione alla ricerca di indizi. Ad un certo punto, i due conigli
si imbattono in un cartello piantato da alcuni umani e da quel momento hanno inizio tutte le loro peregrinazioni alla ricerca di
una vita migliore.
“In quel punto, la terra era stata smossa di fresco, e fra l’erba ce
n’eran due mucchietti. Un
paio di pali robusti, redolenti di creosoto e di vernice, piantati nelle buche,
torreggiavano sopra la siepe, alti quanto gli agrifogli. E la tabella a essi
fissata stampava un’ombra lunga sul prato. Accanto a uno dei pali eran rimasti
un martello e alcuni chiodi.”
Ma non tutti i conigli decidono di avventurarsi e di seguire Moscardo e Quintilio; in pochi lo fanno.
“«Guarda!» disse d’un
tratto Quintilio.
«Eccolo là, Moscardo, il posto che fa per noi. Colline alte e
solitarie, dove il vento porta con sé rumori lontani e la terra è asciutta come
paglia nel granaio. Là noi dovremo abitare. Là bisogna che andiamo.»”
Tra essi, ricordiamo
Parruccone, un gran combattente e sprezzante del pericolo che saprà essere l’arma
in più in molte occasioni. "Parruccone lo colpì con due sventole sul muso, quindi sentì la
terza sfiorargli i baffi, poiché l’altro balzava all’indietro. Lo sentì
respirare affannato, sopra il mucchio di terra. Parruccone, con il
sangue che gli colava dall’orecchio e dalla schiena, senza cedere di
un palmo di terreno, attese.”
Argento, anche lui valoroso combattente e nipote di Trearà.
Chiamato così per la sua pelliccia grigia chiazzata di bianco.
Dente di Leone il racconta storie del gruppo, il cui compito sarà
quello di tenere su il morale con le storie di El-ahrairà, il padre di
tutti i conigli e il suo compagno Ravascuttolo.
Dente di Leone guardo Nicchio e capì cosa l’altro intendesse.
Soffocando le proprie paure – la paura di quel luogo desolato, dei
gufi che s’udivano tornare ai loro nidi dopo la caccia notturna,
degli acri odori d’animali selvatici che sembravan venire da poco
lontano – cominciò a raccontare".
Mirtillo, il coniglio dalla grande intelligenza e infine Nicchio,
l’elemento che leggendo può ritenersi l’anello debole della catena,
ma per me rimane il personaggio più riuscito nel suo piccolo.
Nicchio infatti dal mio punto di vista è il personaggio a percorrere
più strada . La sua avventura incomincia quando è poco più che un coniglio mingherlino timorato di tutto…
“Nicchio era molto piccolo, e pauroso, sicché gli amici avevan avuto il loro daffare a persuaderlo. Alla fine aveva aderito,dopo molte esitazioni. Era tuttora pieno di dubbi, per le incognite d’oltre-conigliera, però aveva deciso di star sempre vicino a Moscardo, e fare quello che diceva lui: era il modo migliore per evitare guai.
… e finisce per diventare un coniglio meno impaurito. Un coniglio
che impara a convivere con le sue paure e a superarle…
Durante la lettura avrei voluto più di una volta entrare nel libro
solo per rassicurarlo che tutto sarebbe andato bene, come ad esempio quando Moscardo decise di andare in esplorazione alla fattoria e decide che sia lui ad accompagnarlo. Ho letto quelle pagine con l’ansia che potesse succedere qualcosa al povero Nicchio e maledicendo Moscardo se gli fosse successo qualcosa!!
Al gruppo si uniscono di volta in volta altri conigli, tra cui
Pungitopo e Campanula, unici sopravvissuti della conigliera da cui i
nostri eroi sono partiti per il loro viaggio della speranza.
“Mi conosci?» domandò Moscardo. Ma prima che quello potesse rispondere, riecco Dente di Leone, seguito da Parruccone. Questi guardò un momento Pungitopo, poi si accovacciò davanti a lui, strofinando i nasi.
«Pungitopo, sono Sglaili» disse. «Mi chiamavi.»
Pungitopo non rispose, seguitava a guardarlo fisso. Parruccone
volse il capo. «Chi è venuto con lui disse. «Ah sei tu, Campanella.
In quanti siete?»
«Noi due soli» rispose Campanula. Stava per soggiungere altro,
quando parlò Pungitopo".
Moscardo e il suo gruppo hanno una lunga strada da percorrere e tanti ostacoli da superare .
Riusciranno a sopravvivere e raggiungere i propri obiettivi?
Ho letto il libro tutto di un fiato,
dopotutto è impossibile non
rifare per Moscardo e il suo gruppo.
L'autore, Richard Adams, attraverso la storia e la figura di questi insoliti protagonisti, riesce a trasmettere fin dalle prime righe,
senza mai annoiare, un concetto tra i più preziosi che l’essere
umano e l’animale stesso possano desiderare nella vita: la libertà.
La libertà di poter decidere.
La libertà di poter vivere come si vuole.
La libertà di poter decidere con chi creare una famiglia.
La libertà di poter accettare o meno le idee degli altri.
Troppo spesso ormai questa parola, libertà, è negata ai giorni nostri ed è per questo che onestamente mi sento di consigliare la lettura di questo libro a tutti, sia grandi che bambini.
Ciò che mi ha incredibilmente colpita sono principalmente due rifare per Moscardo e il suo gruppo.
L'autore, Richard Adams, attraverso la storia e la figura di questi insoliti protagonisti, riesce a trasmettere fin dalle prime righe,
senza mai annoiare, un concetto tra i più preziosi che l’essere
umano e l’animale stesso possano desiderare nella vita: la libertà.
La libertà di poter decidere.
La libertà di poter vivere come si vuole.
La libertà di poter decidere con chi creare una famiglia.
La libertà di poter accettare o meno le idee degli altri.
Troppo spesso ormai questa parola, libertà, è negata ai giorni nostri ed è per questo che onestamente mi sento di consigliare la lettura di questo libro a tutti, sia grandi che bambini.
aspetti:
- le storie narrate da Dente di Leone, su El-ahrairà, il padre di tutti conigli e il suo compagno Ravascuttolo. Tutte molto belle e con filo
logico e una morale collegato con la storia. La mia preferita è quella di El-ahrairà e il Coniglio Nero di Inlè.
-la descrizione dell’autore della natura illuminata dalla luce della
luna che voglio riproporre a voi lettori di questa recensione.
Scusate se il pezzo è un po' lunghetto, ma leggendolo, spero, che
anche voi ne resterete affascinati quanto me:
“La luna piena, alta ormai nel cielo a oriente, inondava
l’altura solitaria del suo blando chiarore. Per noi, la luce del
giorno non è tanto ciò che fuga le tenebre notturne, quando lacondizione naturale della terra e del cielo, sia nuvolo o
sereno. Se pensiamo alle colline, pensiamo al loro aspetto diurno, così come pensiamo a un coniglio con la sua pelliccia addosso. Ci sarà chi si figura lo scheletro all’interno del cavallo, ma per lo più non avviene così: quindi di solito non ci figuriamo le colline senza luce diurna, benché la luce non sia parte integrante di esse, come la pelle è parte del cavallo. Noi diamo per scontata la luce del giorno, quindi non ci facciamo caso. Ma il chiardiluna è diverso. È incostante. La luna ha le sue fasi, cala e ritorna a crescere. Le nuvole l’oscurano più di quanto non oscurino il sole. L’acqua ci è necessaria, una cascata no. Costituisce un in-più, un bell’ornamento. Della luce diurna abbiam bisogno, quindi ne abbiamo un concetto utilitaristico, del lume della luna no. Quando c’è, non soddisfa una necessità. Esso trasforma le cose: si posa su una pendice e separa un filo d’erba dall’altro; d’un mucchio di foglie secche, fa qualcosa di misterioso; scintilla su un ramoscello bagnato, e la luce sembra latte. I suoi raggi si versano, candidi e netti, fra i tronchi degli alberi, e il loro chiarore si fa via via immateriale, per svanire nei recessi della boscaglia. Al chiardiluna, un campo d’avena, folto e arruffato come una criniera, sembra una baia solcata dalle onde, che s’accavallano correndo al lido. La macchia invece è così intricata che neanche il vento la muove, però sembra che sia il chiardiluna a conferirle quell’immobilità. Noi non diamo il chiardiluna per scontato. È come la neve, o come la guazza una mattina di luglio. Non rivela bensì cambia ciò che illumina, ciò che riveste. Quella luce, d’intensità tanto inferiore alla luce diurna, è qualcosa che si aggiunge al paesaggio, alla collina, per donarle un aspetto singolare, un nonsoché di meraviglioso, che dovremmo ammirare finché dura, perché fra breve sarà già svanito.
Il libro è grandioso, di grande effetto proprio grazie all'utilizzo di un linguaggio descrittivo nei minimi particolari. Una favola per bambini che fa sognare noi adulti.
Buona lettura a tutti/e
l’altura solitaria del suo blando chiarore. Per noi, la luce del
giorno non è tanto ciò che fuga le tenebre notturne, quando lacondizione naturale della terra e del cielo, sia nuvolo o
sereno. Se pensiamo alle colline, pensiamo al loro aspetto diurno, così come pensiamo a un coniglio con la sua pelliccia addosso. Ci sarà chi si figura lo scheletro all’interno del cavallo, ma per lo più non avviene così: quindi di solito non ci figuriamo le colline senza luce diurna, benché la luce non sia parte integrante di esse, come la pelle è parte del cavallo. Noi diamo per scontata la luce del giorno, quindi non ci facciamo caso. Ma il chiardiluna è diverso. È incostante. La luna ha le sue fasi, cala e ritorna a crescere. Le nuvole l’oscurano più di quanto non oscurino il sole. L’acqua ci è necessaria, una cascata no. Costituisce un in-più, un bell’ornamento. Della luce diurna abbiam bisogno, quindi ne abbiamo un concetto utilitaristico, del lume della luna no. Quando c’è, non soddisfa una necessità. Esso trasforma le cose: si posa su una pendice e separa un filo d’erba dall’altro; d’un mucchio di foglie secche, fa qualcosa di misterioso; scintilla su un ramoscello bagnato, e la luce sembra latte. I suoi raggi si versano, candidi e netti, fra i tronchi degli alberi, e il loro chiarore si fa via via immateriale, per svanire nei recessi della boscaglia. Al chiardiluna, un campo d’avena, folto e arruffato come una criniera, sembra una baia solcata dalle onde, che s’accavallano correndo al lido. La macchia invece è così intricata che neanche il vento la muove, però sembra che sia il chiardiluna a conferirle quell’immobilità. Noi non diamo il chiardiluna per scontato. È come la neve, o come la guazza una mattina di luglio. Non rivela bensì cambia ciò che illumina, ciò che riveste. Quella luce, d’intensità tanto inferiore alla luce diurna, è qualcosa che si aggiunge al paesaggio, alla collina, per donarle un aspetto singolare, un nonsoché di meraviglioso, che dovremmo ammirare finché dura, perché fra breve sarà già svanito.
Il libro è grandioso, di grande effetto proprio grazie all'utilizzo di un linguaggio descrittivo nei minimi particolari. Una favola per bambini che fa sognare noi adulti.
Buona lettura a tutti/e
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