giovedì 19 ottobre 2017

Recensione: L'amante giapponese di Isabel Allende

 
 
Titolo: L'amante giapponese

Autore: Isabel Allende

Editore: Feltrinelli

Pagine: 245

Data Pubblicazione: 12 Gennaio 2017





                                          Gradimento


Shikata ga nai.

Questa frase che in giapponese significa "non possiamo farci
 
 nulla", rappresenta in maniera esaustiva quello che è il propulsore
 
 delle vicende che si intersecano ne "L’amante giapponese" di
 
 Isabel Allende. L’autrice, di origine cilena, ma naturalizzata
 
 statunitense, traccia quella che si rivela una realistica
 
testimonianza della società odierna. Una società che nel corso del
 
 tempo ha vinto numerose battaglie discriminatorie, ma ha anche
 
 lasciato che vecchi rancori e antiche superstizioni, ormai usucapite
 
 dall’animo umano, determinassero il bene e il male delle
 
 convenzioni sociali.

La particolarità di questo romanzo, che fonde passato e presente
 
 con un discreto utilizzo del flash back, è data principalmente
 
 dall’assenza di un protagonista principale.
 
La vita è la vera protagonista e coloro che vi partecipano sono solo
 
 il mezzo col quale viene disegnata, con parole, quando calde e
 
 passionali, quando dure e rivendicatrici, l’esistenza stessa.
 
 
"Non siamo vecchi per il fatto di aver compiuto settant'anni.
 
 Iniziamo a invecchiare nel momento in cui nasciamo..." 
 
 
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L’epica storia d’amore tra la giovane Alma Belasco e il giardiniere

giapponese Ichimei: una vicenda che trascende il tempo .

"Ti invito a vivere la nostra storia in una bolla, in modo che sia protetta dal contatto col mondo e sia preservata intatta, per il resto delle nostre vite e oltre la morte. Da noi dipende che l'amore sia eterno." 


La vicenda si svolge, a più riprese, in due epoche storiche che
 
 paiono essere troppo lontane e diverse tra loro, ma che l’abilità
 
 dell’autrice sviscererà e mostrerà come legate da un comune
 
 denominatore.
 
Irina Bazil è la donna dei nostri giorni, una ragazza moldava che ha
 
 conquistato il suo posto negli Stati Uniti, ma che continua ad
 
 essere legata ad un arcaico pudore.
 
Alma Belasco, il cui nome ben si presta alla profondità
 
 sentimentale che permea l’intero racconto è un’anziana donna
 
 dall’apparenza formale, ma dall’animo ribelle tipico delle donne
 
 odierne.

"La felicità non è esorbitante né chiassosa, come il piacere o
l'allegria. È silenziosa, tranquilla, dolce, è uno stato intimo di
 soddisfazione che inizia dal voler bene a se stessi."

E’ intorno alle due donne che l’autrice tesse l’intrico di vicende che

coinvolgeranno inevitabilmente anche gli altri protagonisti, in un

vortice accentuato dall’ottima padronanza dei periodi e dalla

fluidità dell’esposizione, che cattura e immerge senza dare tregua.


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Non vi sono tempi morti, né inutili descrizioni, a completare una
 
 storia che si regge bene sulle sue gambe, nella sua scorrevolezza
 
 semplice, ma dalle profondità nascoste. Ciò che l’autrice non
 
 acclama a gran voce, ciò che non lascia che i suoi personaggi
 
 dicano senza malizia, s’intuisce chiaramente dalle loro azioni, da
 
 ciò che li circonda, da ciò che pare spaventarli. E se ciò da una
 
 parte può essere una scelta illuminata, dall’altra dà quasi al
 
 racconto l’immagine scontata che in realtà non le appartiene.

L’autrice gioca col lettore fin dalle prime righe, illudendolo
 
 inizialmente sulla bontà delle proprie convinzioni, per poi
 
 smontare abilmente tutte le sue certezze. I colpi di scena, inseriti in
 
 maniera oculata e precisa, sembrano rappresentare l’imprevisto
 
 della vita, una vita che ci svela i suoi segreti quando vuole, quando
 
 ancora non siamo pronti.
 
D’altronde la vita è così e Shikata ga nai.
 
 
 
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                RECENSIONE SCRITTA
                 DA ELEONORA CASTA


 






 

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